Un fattore che ogni coach deve valutare con attenzione nel pianificare il programma di allenamento dei propri assistiti è la gestione dell’intensità degli stimoli allenanti. L’intensità di una seduta può essere gestita attraverso l’uso della velocità di corsa (chilometri orari o tempo al chilometro) o della frequenza cardiaca (bpm o battiti per minuto). Questi fondamentali parametri vanno però adeguati all’individuo: ognuno di noi ha una personale relazione tra velocità, frequenza cardiaca e fatica.
La relazione tra velocità e fatica dipende dal nostro grado di allenamento e dalle nostre attitudini: più saremo allenati e dotati e maggiori saranno le nostre velocità di corsa. Per quanto riguarda la frequenza cardiaca, il discorso è leggermente differente: con l’allenamento questo parametro a parità di velocità tende a diminuire, però non è possibile fare analisi trasversali (tra persone diverse) a causa di condizioni morfologiche ed elettrofisiologiche che modificano la risposta del nostro muscolo cardiaco; ognuno di noi ha una frequenza massimale personale (con il passare degli anni si abbassa, ma il livello di partenza è individuale) che può differire in modo importante anche in coetanei (alcuni runner possono fare il lento a 130 bpm e altri a 150 bpm e questo valore non è correlato al livello atletico).
Ritornando alla pianificazione dell’allenamento ogni seduta ha un’intensità specifica legata allo stimolo che desideriamo dare al nostro organismo e all’adattamento che vogliamo creare. In una gestione corretta della fatica, inoltre, bisogna alternare differenti intensità di allenamento dove quelle più blande devono comunque essere preponderanti.
LE ZONE DI ALLENAMENTO
La suddivisione delle intensità può essere fatta in differenti modi. in letteratura scientifica la divisione viene fatta principalmente in 3 grandi zone (z1, z2, z3) che vengono identificate attraverso il monitoraggio della frequenza cardiaca:
- la Z1 (zona 1) rappresenta la zona di allenamento sotto la soglia aerobica o sotto la prima soglia ventilatoria;
- la Z2 (zona 2) rappresenta la zona di allenamento tra la soglia aerobica e quella anaerobica o tra la prima e seconda soglia ventilatoria;
- la Z3 (zona 3) rappresenta la zona di allenamento sopra la soglia anaerobica o sopra la seconda soglia ventilatoria. Rendendo più pratica e semplice questa suddivisione nell’allenamento del runner amatoriale, si può considerare:
- la Z1 come tutte le velocità di allenamento inferiori alla velocità di maratona;
- la Z2 come il range di velocità comprese tra il ritmo maratona e quello che si tiene in una gara di 10 km;
- la Z3 come tutte le velocità superiori al proprio personale sui 10 km (chiaramente questa suddivisione va fatta in funzione dei personali attuali e non di quelli storici che in qualche caso possono differire di diverse decine di secondi al chilometro).
COSA RAPPRESENTANO LE DISTRIBUZIONI POLARIZZATE E PIRAMIDALI?
Nella valutazione delle tre zone si sono notate due principali organizzazioni:
- Piramidale:la maggior parte del tempo di allenamento viene spesa in frequenze cardiache di z1, la seconda fascia più rappresentata è la z2 e infine viene la z3.
- Polarizzato:la maggior parte del tempo di allenamento viene spesa in z1, in questo caso però la seconda fascia più utilizzata è quella intensiva (z3) e per ultima viene la zona tra le due soglie (z2).
Una buona parte di queste pubblicazioni ha trovato in atleti di alto livello una distribuzione polarizzata in cui l’85-90% del tempo viene speso in z1 e il restante 10-15% concentrato in percentuale maggiore in z3 rispetto alla z2; però, in contrasto con quanto indicato, uno studio recente svolto su canottieri di alto livello ha trovato che anche una distribuzione piramidale era efficace nel migliorare i parametri fisici legati alla prestazione.
Nel runner amatoriale le percentuali possono differire rispetto all’atleta di élite a causa del minor volume di allenamento, ma è possibile mantenere comunque le due tipologie di organizzazione.
Fonte: Correre.it