La stagione più rigida avanza a colpi di freddo, ma noi runner non abbiamo problemi ad uscire: con il corretto abbigliamento e le dovute precauzioni (una prolungata fase di riscaldamento e un’accurata sessione di stretching prima e dopo) correre in inverno non presenza controindicazioni.
Attenzione però ad un elemento: a temperature basse, la respirazione presenta alcune difficoltà.
Sappiamo tutti che la respirazione, nella sua essenza, consiste nel permettere l’assunzione dell’ossigeno dall’ambiente esterno e nell’eliminazione dell’anidride carbonica prodotta dal nostro organismo.
Possiamo abbandonare la preoccupazione di introdurre aria troppo fredda mentre, di corsa, finiamo inevitabilmente per respirare con la bocca aperta: durante un allenamento di media-alta intensità, ad esempio, la produzione di calore endogeno è piuttosto elevata, fino al 75% dell’energia consumata, una sorgente di calore sufficiente a riscaldare il corpo come se la temperatura esterna fosse di 20-25 gradi superiore; in pratica: correre a una velocità uguale o superiore a 12 km/h mette il corpo nelle stesse condizioni di quando la temperatura esterna è di 20-25° e il corpo riposa.
Per quanto riguarda l’apparato respiratorio, l’aria, quando raggiunge i polmoni, è sempre sufficientemente riscaldata e umidificata per consentire gli scambi gassosi (ossigeno/anidride carbonica). Al contrario, nella fase di espirazione si perde sia acqua (sotto forma di vapore acqueo) sia calore, una dispersione che si fa più importante del normale quando l’aria esterna è più fredda e secca e anche quando la ventilazione, causa affanno, diventa più veloce.
È in queste condizioni che anche nell’allenamento al freddo si rischia la disidratazione e si avverte un senso di secchezza alla gola e alle prime vie aeree, come se fossimo nella più torrida delle sedute estive.
Per questo per correre in inverno è sempre consigliabile una buona reidratazione nonché l’uso di una sciarpa leggera o buff tirato fin sopra le labbra, o addirittura di una mascherina, versione soft dei modelli che vediamo utilizzare agli alpinisti o anche a quei nostri colleghi ultrarunner che si dedicano alle gare lunghissime a temperature abbondantemente sotto lo zero.